Chiostro dell’Archivio di Stato (Arezzo)

L’attuale sede dell’Archivio di Stato di Arezzo è il risultato finale di vari accorpamenti e rifacimenti architettonici succedutesi nei secoli.

Le prime notizie certe del complesso risalgono al XIV secolo, quando il sito era caratterizzato dalla presenza di due torri: l’una ancor oggi visibile, l’altra all’angolo tra corso Italia e la piazzetta del Commissario, già denominata della Bigazza e appartenuta con certezza nel 1366 alla famiglia Sassoli, al pari probabilmente dell’altra. Lo spazio tra le due costruzioni era occupato da una serie di botteghe, come conferma la denominazione che questa parte di corso Italia aveva nei catasti quattrocenteschi: “via dei fondachi”. In quegli stessi documenti catastali, le varie porzioni dell’edificio, intestate a personaggi delle famiglie Sassoli e Albergotti, non risultavano essere in buone condizioni, probabilmente a causa delle devastazione operate a seguito delle guerre che a quell’epoca investirono il territorio aretino. Alla metà del ‘500, dopo aver ristrutturato e accorpato le varie proprietà, vi abitava Francesco di Francesco Albergotti, il cittadino più ricco della città, che, morendo senza eredi maschi, lasciò la sua ingente fortuna alla figlia Margherita la quale, perché i cospicui beni non andassero dispersi in altre famiglie, andò in sposa al cugino messer Nerozzo. Successivamente l’edificio passò alla famiglia Bacci e segnatamente ai fratelli Filippo Maria e Ascanio (1672). La proprietà rimase a questa casata sino alla fine del ‘700 quando con la morte di Anna Bacci, ultima discendente di questo ramo e moglie di Giovanfrancesco de’ Giudici, il bene confluì nelle proprietà di quest’ultima famiglia. Dopo di allora il fabbricato venne venduto a vari acquirenti perdendo, oltre alla sua unità, anche l’importanza e il decoro avuto sino ad allora.
Attorno alla metà del XIX secolo una parte dell’edificio era data in locazione al comune di Arezzo, che vi alloggiava il Corpo dei Carabinieri Reali del Granducato di Toscana.
Nel 1901 un istituto di credito cittadino, la Cassa di Risparmi di Arezzo, decise di fare del palazzo la propria sede ed acquistò le varie parti dello stabile da sette proprietari. A quel momento il fabbricato, oltre a varie abitazioni, ospitava una vendita di vino e una stamperia, ma ovunque era in condizioni di squallore e miseria, come risulta da una relazione dell’epoca. Il 20 aprile 1903 iniziarono i lavori di ristrutturazione che, sotto la direzione dell’ingegnere Umberto Tavanti, durarono circa tre anni dando al palazzo un aspetto molto simile all’attuale. L’inaugurazione della banca avvenne il 17 gennaio 1906 e la destinazione dell’edificio rimase immutata sino al 1928. Allora infatti il palazzo venne trasferito a seguito di permuta al comune di Arezzo e da questo alienato, nel 1934, alla Federazione dei Fasci di Combattimento di Arezzo, che vi istituiva la Casa del Fascio Arnaldo Mussolini. Da un punto di vista architettonico il palazzo non subì grossi stravolgimenti, ad eccezione della ristrutturazione della torre, denominata appunto Littoria, che l’ingegnere Giuseppe Castellucci rialzò per alloggiarvi una campana prodotta dalla Fonderia Bastanzetti di Arezzo.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale i beni appartenuti al Partito Nazionale Fascista vennero tutti inglobati dal Demanio dello Stato e il palazzo fu destinato a sede dell’ufficio del Genio Civile e in seguito dei reparti di Guardie di Pubblica Sicurezza fino al 1947.

Competenze

Postato il

8 Luglio 2022