Pieve di Gropina (Loro Ciuffenna)

Pieve_di_Gropina

La Pieve di San Pietro a Gropina si trova nel Comune di Loro Ciuffenna, in provincia di Arezzo, nel cuore del Valdarno Superiore; per la sua importanza storica e artistica è stata dichiarata monumento nazionale.

LA CHIESA PALEOCRISTIANA
la chiesetta battesimale di Gropina viene eretta nel sito della domus romana con una dedicazione finora sconosciuta che potrebbe comunque trattarsi di quella attuale a San Pietro, come molte chiese dei primi secoli del cristianesimo. La chiesetta non è documentata, almeno allo stato attuale delle ricerche, ma alcune evidenze murarie sono conservate e visibili sotto il pavimento dell’attuale pieve, scoperte durante gli scavi del 1968-1971; era priva di campanile, che inizia ad apparire accanto alle pievi nel periodo tra il IX e il X secolo.

LA CHIESA LONGOBARDA
c’è bisogno di una pieve più grande, che viene costruita inglobando quasi completamente quella paleocristiana e mantenendo forse l’antica dedicazione al principe degli apostoli, anche se i Santi più cari ai Longobardi sono Michele Arcangelo, Giorgio, e il Salvatore. La datazione della nuova pieve è incerta: potrebbe risalire sia al regno di Liutprando che a un periodo successivo, anche dopo la sconfitta longobarda del 774 ad opera dei Franchi di Carlo Magno.

LA PIEVE ROMANICA
la pieve di Gropina vede aumentare la sua influenza sull’intera diocesi aretina con l’aggiunta di sempre nuove chiese suffraganee, come dimostrano sia il celebre Libro di Montaperti che le Rationes Decimarum, dove sono elencate le parrocchie facenti capo al suo piviere. All’inizio del XIV secolo il castello di Loro passa sotto la giurisdizione della Repubblica Fiorentina, e per Gropina che forse ne faceva parte già dalla seconda metà del Duecento continua il periodo aureo, che con l’avvento dei Medici raggiungerà il suo picco massimo anche in campo economico.
Non si conoscono finora fonti documentarie sulla ricostruzione della pieve romanica, ma proprio le pietre stesse della chiesa gettano qualche lampo di luce: sul campanile l’anno 1233 in numeri romani indica la data della sua costruzione, o almeno della sua fondazione, mentre sull’architrave del portale d’ingresso un 1422 molto consunto testimonia forse interventi di restauro; in una lettera del 9 aprile 1469 inviata dal pievano Samuele a Lorenzo il Magnifico, e pubblicata da Carlo Fabbri (2005), si parla di una cappella fatta erigere da Giovanni da Loro come lascito testamentario e il cui primo cappellano è un certo ser Benedetto “fatto da papa Eugenio la prima volta fu a Firenze”: Eugenio IV diverrà papa l’11 marzo 1431, nove anni dopo la data sull’architrave, che sembrano davvero tanti per lasciare una cappella senza il suo officiante; non è probabile quindi che l’anno 1422 si riferisca all’intervento di messer Giovanni da Loro, ma a lavori non ancora documentati.

LA FACCIATA
La facciata della pieve di Gropina nella sua veste attuale è in semplici conci in arenaria liscia e fa intuire le tre navate interne, la centrale più alta delle laterali; il portale d’accesso è fiancheggiato da un ingresso alla navata destra e due monofore danno luce all’interno. Superiormente una graziosa bifora è sormontata da un grande oculo. Le monofore appaiono restaurate, ma erano certamente previste dal progetto originario. E’ una facciata austera, non dissimile da altre chiese romaniche del Valdarno, dove le aggiunte posteriori non intaccano la sobrietà dell’insieme; sull’architrave del portale principale è inciso l’anno 1422, dovuto con ogni probabilità, come abbiamo visto e come vedremo meglio parlando dei capitelli, a interventi di restauro non molto invasivi, e inframmezzato da uno stemma recante un cherubino: stilisticamente sia lo scudo che l’angelo sono molto più tardi dell’iscrizione e possono essere databili al primo quarto del sec. XVI, forse proprio in occasione del passaggio della pieve al Capitolo di Santa Maria del Fiore voluto nel 1515 da Leone X e il simbolo del quale è proprio un serafino. Sopra l’architrave, tra le due monofore, campeggia infatti l’arme di questo pontefice sormontata dalle chiavi di San Pietro e dalla tiara papale: l’elegante scudo a cartella porta le insegne medicee senza però il giglio di Francia, concesso da re Luigi XI nel 1465 a Piero il Gottoso e ai suoi eredi e successori; l’anno inciso in basso è il 1522, ma lo stemma è visibile nella ricostruzione ottocentesca (sopra le chiavi si legge l’anno 1875), certo perché quello originario doveva trovarsi in cattive condizioni dovute all’erosione della pietra; la mentalità dell’epoca suggeriva spesso un rifacimento ex-novo di un’opera d’arte in precario stato di conservazione, piuttosto che interventi conservativi.
Al XVI secolo appartiene anche il grande oculo che dà luce alla navata centrale sopra la bifora restaurata e riaperta durante i restauri novecenteschi; l’oculo è sormontato da una testa maschile marmorea che la leggenda identificava con un ritratto di Matilde di Canossa, ma dovrebbe provenire in realtà da un complesso forse funerario di età romana situato più a valle, probabilmente ai bordi della Cassia Vetus. Teste a tutto tondo su facciate delle chiese si trovano anche altrove, come per esempio nel lunettone del portale principale della pieve di San Casciano a Settimo (Pisa), del XII secolo, con l’architrave scolpito da Biduino nel 1180: si tratta in questo caso di una testa maschile barbuta. Una particolarità della facciata è il non allineamento di portale e bifora con il culmine del tetto, mentre l’oculo invece, aperto in seguito, si trova benissimo in squadra: questo è dovuto, come vedremo parlando dell’interno, a un errore di calcolo e di progettazione nel passaggio dalla chiesa longobarda a quella romanica, nell’intento di favorire i fedeli dando loro modo di continuare ad assistere alle sacre funzioni.
Una delle cose più belle della pieve di Gropina è l’abside: di gusto pisano-lucchese, come aveva notato per primo Mario Salmi (1971), si presenta all’esterno circondata da una teoria di arcate cieche delimitate da lesene e sormontate da un’elegante loggetta con archi a sesto rialzato, detti anche a ferro di cavallo, sorretti da dodici colonnette separate al centro da un gruppo di colonne ofitiche (oggi di restauro) simili a quelle che sorreggono il pulpito. Nel 1912 Mario Salmi aveva assegnato l’abside a maestranze francesi accostandola a quella della pieve di Romena, giungendo poi (1971) ad un’attribuzione all’ambito pisano-lucchese (confronti con l’abside principale del duomo di Pisa e con la facciata della pieve di Arezzo); con quest’ultima attribuzione sono concordi tra gli altri Italo Moretti (1986) e Francesco Gandolfo (2003).
Vorrei proporre qui una possibile chiave d’interpretazione di questo complesso apparato: le arcate in basso, con la centrale più grande in corrispondenza dell’altar maggiore, sono sette; il sette rappresenta fin dai pitagorici la perfezione, il numero cosmico con il tre del cielo e il quattro del mondo; in senso cristiano Dio è rappresentato dal settimo raggio nel centro dei sei raggi della creazione, oltre a vari altri simbolismi quali i sette sacramenti, le sette virtù, ecc.; il colonnato superiore è sostenuto da dodici colonnette, sei per parte con al centro il gruppo ofitico: oltre il fatto che il numero sei è nel cristianesimo simbolo anch’esso di perfezione, di compimento (i sei giorni della creazione), le dodici colonnette, nello stesso numero degli apostoli, sono divise in due gruppi di sei da quelle ofitiche possibile immagine della Trinità, come abbiamo visto per il pulpito. Quindi Dio come origine e motore di tutto (la creazione) che dà compimento al Suo disegno di salvezza nella Trinità con gli apostoli come primi seguaci, “colonne” dell’attuazione di questo disegno che attraverso la Chiesa diventa universale.
Quattro arcatelle pensili per parte ornano l’esterno delle due navate laterali, alla destra delle quali è addossato il campanile dalle alte aperture a tutto sesto della cella campanaria; su una pietra che sormonta una delle piccole monofore laterali è inciso l’anno 1233 in numeri romani, sicuramente quello della costruzione del campanile anche se allo stato attuale non sappiamo se possa riferirsi anche al compimento della pieve, che mostra comunque caratteri stilistici anteriori: l’anno 1153 è stato letto da Emanuele Repetti nella prima metà dell’Ottocento sulla campana più grande della torre, anche se allo stato delle ricerche non possiamo affermare con certezza trattarsi dell’inizio della costruzione della pieve.
In moltissime chiese romaniche si trovano bassorilievi con figure animali e non solo, isolati all’esterno senza essere parte apparente di un programma: anche la pieve di Gropina ha uno di questi rilievi, un canide in profilo volto a destra scolpito su una pietra della zona absidale esterna; la parte posteriore del rilievo è mancante, ma si può intravedere la forma della coda dell’animale che potrebbe essere quella di un cane o di un lupo: qui probabilmente è un cane, simbolo di fedeltà ma anche di vigilanza contro le forze del male e nel cristianesimo immagine del Buon Pastore come guardiano del gregge, o allegoria del vescovo o del sacerdote. Queste figure possono essere simboli generali ma anche direttamente riferiti alla realtà, come per esempio il porto raffigurato nel paramento esterno della torre di Pisa (che come si sa è un campanile), a significare la sua importanza nella vita della repubblica marinara.

Competenze

Postato il

2 Luglio 2016